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IL SENSO DEL LIMITE

Per una crescita autenticamente umana.

Immersi come siamo in una cultura super tecnologica, pervasa di iperefficientismo, da uno stile di vita consumistico, alimentato da un sistema finanziario canalizzato sul profitto ad ogni costo, con l’illusione di una vita comoda (dove tutto può essere a portata di mano), ci siamo dimenticati dell’uomo.

 È vero tutti conveniamo che giustizia, legalità, bene comune, sono principi che fondano una società civile ma nel contempo sempre più forme di degrado sociale ed economico si estendono nella nostra società: intolleranza, cinica indifferenza, emarginazione, abbandono, incuria, prevaricazione, diventano comportamenti ed atteggiamenti quotidiani, giustificati da un umanesimo ideologizzato.

Il commediografo Terenzio (185–159 a.C.), affermava «Homo sum; nihil humanum a me alienum puto» (sono un uomo e nulla di ciò che è proprio dell’uomo mi è estraneo), ci può ancora appartenere questa affermazione, avendo chiaro che il concetto di humanitàs (umanesimo) è stato possibile approfondirlo e svilupparlo partendo da questa convinzione?

L’uomo nell’assolutizzare se stesso si autodistrugge, il mancato riconoscimento del proprio limite di avere un riferimento trascendente ha generato una negazione di Dio, producendo una mancata possibilità di dare senso ai vari ambiti umani, per cui tutto è concesso (attraverso i vari compromessi), per cercare di limitare il male ma niente è finalizzato per raggiungere il vero bene.

Riconoscere un istanza trascendente dà valore ai limiti umani e senso alla vocazione umana; l’uomo riconoscendosi di essere creatura di Dio, capace di relazione, di dialogo e di responsabilità, creatura “molto buona” sa di essere immagine di Dio, chiamato ad assumersi la responsabilità del mondo.

 Gli uomini insieme devono rendersi responsabili del mondo, per rilanciare l’autentico bene.