Realizzato grazie al supporto del CeSVoP - Centro Servizi per il Volontariato di Palermo

Siamo famiglia

Noi siamo una famiglia, noi siamo umanità,

se insieme noi staremo il mondo cambierà:

giustizia e libertà l’amore porterà.

Saremo tutti amici, saremo tutti uguali,

non ci saranno soprusi, invidia e infedeltà.

C’è la faremo insieme, da soli non si può,

dobbiamo stare uniti per essere famiglia,

ed il mondo cambierà.

Ci chiameremo amici ed il bene vincerà,

se volontà ed impegno non ci mancherà.

Le radici della vita in famiglia noi scopriamo,

serenità e ristoro in essa ritroviamo.

Per essere famiglia, pazienza ed umiltà,

fraternità e rispetto cercare noi dobbiamo.

 Noi siamo una famiglia, noi siamo umanità.

Picciddu e nudu

Davanti a bbarca rutta, ‘n pinitenza,

bbagnatu, ammenzu a tanti, e sbaguttutu

nun cianci e ‘un hai nenti all’apparenza!

Ppi fami, nenza forza, resti mutu!

 

Picchì t’arricampasti ancora vivu?

Ppi tija nun c’è postu ‘nti sti casi?

M’arridi mutu e spetti che ti civu?

Va’ circu quarchi rrobba che ti trasi?

 

Un “eccumi” vo’ dittu, ppi putiri

riveniri a rricchirimi ‘sta vita!

Da riccu di me cosi ‘un pozzu aviri

 

L’Amuri che nti poviri c’abbìta!

D’amariTi, vo’ sentimi capiri,

ppi comu Ti presinti ‘nta me vita!

 di Luigi Cinardo

15 dicembre 2013         

 

 traduzione:

Davanti alla barca rotta, a soffrire,

bagnato, mischiato a tanti, e sbigottito

non piangi e non sembri aver danni!

Per la fame, senza forza, resti ammutolito!

 

Perché sei ritornato ancora vivo?

Per te non c’è posto in queste case?

Mi sorridi zitto ed aspetti che ti imbocchi?

Vado a prenderti qualche comodo vestito?

 

Vuoi sentir il mio “eccomi”, per poter

Rivenir ad arricchire la mia vita!

Se ricco di mie cose non posso avere

 

L’Amore che abita nei poveri!

D’amarTi, vuoi che io comprenda,

così per come Ti presenti nella mia vita!

IL RASOIO PIGRO

“Nella bottega di un barbiere, c’era una volta un bel rasoio. Trovatosi solo, un giorno, pensò di dare un’occhiata in giro, e tirò fuori la sua lama, che riposava nel manico come una guaina. Come vide il sole specchiarsi nel suo corpo,rimase meravigliato: la lama d’acciaio mandava tali bagliori da farlo montare in boria.

«E io dovrei tornare in quella squallida bottega, pensò il rasoio, a tagliare le barbe insaponate di quei rustici villani, ripetendo all’infinito le stesse monotone operazioni!! Meglio nascondermi in qualche posto ben segreto, e godermi in tranquillità il resto dei miei giorni...».

Così dicendo si cercò un nascondiglio e per molti mesi non si lasciò più trovare. Senonchè, venne un giorno in cui, volendo prender un po’ d’aria, il rasoio lasciò il suo rifugio e, uscito cautamente fuori dal manico, tornò a guardare il proprio corpo. Ahimè! Cos’era mai successo? La lama, divenuta scura come una sega arrugginita, non rispecchiava più lo splendore del sole. Amareggiato e pentito, pianse invano il suo stupido errore:

«Oh, quanto era meglio tenere in esercizio la mia lama affilata! La mia superficie sarebbe rimasta luccicante. Invece eccomi qua, corroso e incrostato dalla ruggine...”.

(Da Leonardo da Vinci, Favole)